Postfazione alla seconda edizione
Il trascorrere degli anni non diminuisce il dovere di far conoscere lo svolgimento di fatti che hanno drammaticamente determinato le vicende del nostro Paese.
Così nonostante vi sia stato un evidente sforzo per annullare e coprire il lavoro di chi vuol fare del racconto della verità un impegno, il desiderio di disporre di tutti gli elementi resta forte, e tanto forte, da decretare l’interesse per questo libro.
La prima tiratura di “Ustica Storia e Controstoria” è esaurita e si è così pensato non semplicemente di ristampare, ma di arricchire di atti e di fatti, con notizie che si sono aggiunte nella continua ricerca e con informazioni emerse nel dibattito che l’uscita del libro ha creato.
Ecco informazioni importanti che ulteriormente chiariscono e illuminano nella valutazione.
Questa seconda edizione parte da un documento: una risposta del Ministro della Difesa alla interrogazione di un senatore nel novembre 2000.
In questa “carta” si stabilisce con evidenza quello che avrebbe dovuto essere lo svolgimento dei procedimenti giuridici, delle competenze decisionali e dei conseguenti atti.
Pare che nessuno ne abbia tenuto conto.
Sarebbe meglio dire che anche i protagonisti si siano dimenticati dei fatti da loro evidenziati e degli atti da loro compiuti, come molto spesso ci siamo abituati a verificare in questo “caso Ustica”.
Si affronta poi lo scottante tema dei documenti ancora posti sotto segreto di Stato.
Il Governo aveva annunciato che tutto si sarebbe fatto conoscere con un pronunciamento molto pubblicizzato il 22 aprile 2014.
Non è stato assolutamente come enfaticamente annunciato.
I documenti che ci interessano, che interessano la vicenda di Ustica, permangono con una classificazione che ne impedisce la diffusione della conoscenza.
Anche su questa vicenda quelli che non vogliono si confermi la verità accertata dai tribunali penali raccontano della inutilità di questi documenti che restano sotto segreto.
Peccato per loro.
Infatti attraverso confronti e approfondimenti successivi oggi siamo in grado di affermare che quei documenti sono essenziali ed univoci nell’indicare come vero tutto quello che abbiamo raccontato.
Le prove sono circostanziate ed evidenti.
Solo il silenzio complice di una certa “informazione” continua a favorire per convenienza quelli che nascondono la verità e che hanno costruito sulle falsità fortune e carriera.
Un solo cenno alle ultime intemerate anche di certa magistratura che vorrebbe mantenere uno stato di incertezza su fatti che di incerto nulla hanno.
Un bell’insieme di inconsistenti affermazioni prodotte da chi ha avuto modo per anni di contribuire a rendere torbida la realtà.
La cosa ridicola, ma anche insopportabile, è che la cosiddetta informazione ne ha dato ancora riscontro e falso credito pur nella manifesta inverosimiglianza.
Ma come può affermarsi che siano stati aerei italiani partiti da una base chiusa alle operazioni e all’attività!
Puri vaneggiamenti!
Infatti sono affermazioni talmente poco attendibili che nemmeno nel passato sono state tenute in considerazione da quelli che ne avrebbero potuto avere giovamento a supporto delle loro indagini tutte tese a trovare, comunque e ad ogni costo, un aereo in prossimità del Dc9 Itavia.
Mi sia consentito sottolineare che la disperazione nel dover affrontare una realtà sempre più evidente e diversa da quello che si è raccontato porta ad affidarsi a tutto ed a tutti.
C’è un ultimo aspetto che invece preoccupa.
Purtroppo emerge e permane una insussistente volontà delle Istituzioni di tenere i fatti slegati da convenienze e di tenere il dovere degli atti svincolato dal favore delle opportunità.
E non tanto con difficoltà, quanto con incredulità non si riesce ad individuare la ragione di questo comportamento.
Ma anche di questo parleremo.
Una logica di buon senso avrebbe dovuto guidare le Istituzioni.
Anche quando è stata evidenziata non ha prodotto risultati ed ha visto stravolgersi ogni raziocinio nell’affrontare i problemi con l’unico obbiettivo di non portarli alla conclusione di verità.
La logica dell’interesse guidato dalla duplice convenienza di una parte politica e risarcitoria ha causato e causa enormi danni non solo alla conoscenza dei fatti, ma all’intera comunità del popolo italiano.
Lo abbiamo più volte sottolineato, ma siamo fiduciosi che tutto il castello delle convenienze e delle falsità si stia sgretolando.
Fatica a reggere, non può reggere.
Parole che la lettura dei capitoli che seguono rende evidenti.
Il governo risponde: 21 novembre 2000.
C’è un atto che con difficoltà si è ritrovato e che traccia una linea fondamentale nella determinazione dei comportamenti che avrebbero dovuto seguire le autorità istituzionali, governative e giudiziarie.
Il 13 novembre 2000 il sen. Stefano Semenzato presenta una interrogazione al Presidente del Consiglio ed al Ministro della Difesa chiedendo “se non ritenga opportuno, in considerazione anche del tempo già trascorso, avviare tutte le procedure per soddisfare le
richieste di indennizzo, avanzate dall’avvocato Davanzali, ai sensi della legge n. 1335 del 1955”.1
È una interrogazione a risposta scritta e quindi per essere edotti del contenuto della risposta bisogna proprio rintracciarlo sul bollettino del Senato dell’epoca.2
Questo vale per noi normali cittadini, ma certamente non per gli organi di governo che hanno provveduto a scriverla e notificarla.
Questa risposta contiene la traccia determinante e fondamentale che riguarda più questioni.
La prima chiarisce a chi competa stabilire lo svolgimento dei fatti.
Poi smaschera l’informazione che ha proposto per decine di anni un fatto non vero come se fosse vero.
Infine evidenzia come sia illegittimamente grave riversare sui cittadini italiani costi e spese che a loro non competono.
Insomma il sen. Stefano Semenzato chiedeva di mettere in attuazione la clausola del trattato del Nord-Atlantico (la Nato) che stabilisce la possibilità di chiedere un risarcimento per i danni causati da appartenenti alle forze militari alleate di stanza sul territorio nazionale.
Il Ministro della Difesa dell’epoca, l’on. Sergio Mattarella, rispondeva con doviziosa puntualità aggiungendo preziose ed ulteriori informazioni.
Innanzitutto sanciva che il provvedimento ordinanza-sentenza del giudice Rosario Priore non aveva stabilito alcunché di definitivo: “è tuttora pendente il procedimento penale relativo all’accertamento dei fatti e delle responsabilità”.
Infatti come più volte abbiamo sottolineato quella di Rosario Priore era una ordinanza- sentenza di rinvio a giudizio, e quindi l’opinione dell’accusa che il processo doveva valutare.
E che ha valutato come assolutamente inconsistente e non supportata da alcuna prova.
Addirittura le prove testimoniavano il contrario delle opinioni espresse dal Giudice Istruttore Rosario Priore.
Poi contemporaneamente la risposta del Ministro della Difesa stabiliva chi era competente per emettere il giudizio: “Presupposto indispensabile per poter applicare la menzionata disposizione è che sia accertato il coinvolgimento di appartenenti alle Forze armate alleate nella causazione dell’incidente… è tuttora pendente il procedimento penale…”.
Affermazione ovvia ma importante, tanto che è stata la magistratura penale a svolgere indagini, perizie, confronti fra i periti e fra accusa e difesa, insomma a realizzare un enorme lavoro concretizzatosi in 277 udienze con 4000 testimoni e certificato da un milione e 750 mila pagine.
Enorme lavoro che ha portato a stabilire che era pura fantascienza immaginare una battaglia aerea intorno al Dc9 Itavia.
Infine la risposta del Ministro della Difesa, quando il processo era ancora in corso, concludeva: “Pertanto, in assenza dei necessari presupposti di fatto e di diritto, non appare percorribile l’ipotesi di procedere ad un esame e ad una valutazione delle richieste di indennizzo inoltrate all’amministrazione della Difesa dall’avvocato Davanzali”.
Il 10 gennaio 2007 si materializzano definitivamente tutti i presupposti di fatto e di diritto per stabilire come procedere.
In quella data infatti la Prima Sezione penale della Suprema Corte di Cassazione sancisce definitivamente e con assoluta convinzione e senza alcun dubbio che non vi è stata alcuna battaglia aerea nei cieli di Ustica e che di conseguenza nessun aereo italiano o delle forze alleate è stato coinvolto in un fatto non accaduto.
Ora di fronte a quanto affermato in fatto di procedure e di leggi dal Ministro, di fronte a quanto sancito in fatto di responsabilità dalla Corte di Cassazione penale, le autorità di Governo e i responsabili della Giustizia avrebbero dovuto coscientemente condurre ad una logica unitaria i comportamenti delle diverse istituzioni dello Stato.
Abbiamo visto, raccontato e documentato come i tribunali penali abbiano tassativamente escluso alcuna battaglia aerea, ma abbiamo anche documentato come l’opinione dei tribunali civili abbia portato a ritenere che il Dc9 Itavia nei cieli di Ustica sia stato abbattuto da un missile.
Questa seconda opinione, maturata in quattro udienze e senza alcun indagine e confronto dibattimentale decisa da un unico giudice onorario, ha portato al fatto che lo Stato italiano dovrebbe risarcire la Società Itavia in liquidazione, gli eredi Davanzali ed un certo numero di famigliari delle vittime che hanno presentato ricorso, per una cifra di circa mezzo miliardo di euro.
Non ci vuole un genio del diritto per comprendere che un responsabile del bene comune e del giusto procedere di una Nazione regolata da leggi, doveva impegnarsi a condurre all’unione una divaricazione incredibile.
Una divaricazione consentita dalla legge, ma che pero è soggetta comunque a regole e può essere consentita solo nel rispetto della legge stessa.
Ed abbiamo prima visto come il rispetto della legge e dei suoi principi non sia stato in alcun modo tenuto nel debito conto.
Così come può essere possibile che gli unici a rimetterci siano i cittadini italiani nell’indifferenza più assoluta di tutte le Istituzioni?
Come può sopportarsi un simile affronto ai problemi già gravi che i cittadini italiani quotidianamente si trovano a sopportare?
Infatti il mezzo miliardo di euro è fornito dalle tasse versate dai cittadini e parimenti è sottratto alle necessità di uno Stato che impedisce a molti suoi cittadini di essere garantiti nei loro diritti essenziali.
Vale forse ricordare che migliaia di nostri concittadini non riescono nemmeno a fare delle analisi perché impossibilitati dall’enorme costo dei ticket sanitari?
Siamo seri.
Nel caso in cui l’aereo fosse stato abbattuto da un missile potremmo chiedere il risarcimento all’Alleanza Atlantica e quindi noi cittadini non dovremmo spendere nulla.
Se l’aereo non fosse stato abbattuto da un missile noi cittadini non dovremmo parimenti spendere nulla.
Perché invece siamo solo noi cittadini che dobbiamo vederci sottrarre mezzo miliardo di euro?
Vale la pena ricordare che comunque i famigliari delle vittime, indipendentemente dal motivo del disastro, hanno ricevuto un indennizzo analogo a quello di tutti gli altri famigliari delle vittime di atti di terrorismo.
La cosiddetta libera informazione di fronte ai fatti che abbiamo documentato ha risposto con grande attenzione… praticamente quasi nessuno ha riferito nulla.3
I cittadini nulla sanno, nulla conoscono e sono informati da pochi volonterosi.
Solo devono privarsi incomprensibilmente e senza motivo di mezzo miliardo di euro.
La cosiddetta libera informazione, lo abbiamo documentato con dovizia di documenti, ha preso parte attiva nel nascondere e confondere i fatti.
Ma anche è legittimo chiedersi come sia possibile che le Istituzioni, i Governi, le Supreme Magistrature non risolvano il pazzesco controsenso.
I responsabili delle istituzioni, sono pavidi nel difendere i principi della verità e del diritto, ma ancor peggio sfuggono ai loro doveri dimostrando di essere per nulla interessati al fatto che il costo della incomprensibile mancanza di una logica sia riversato sui cittadini.
Conseguentemente alla diffusione di un fatto ufficiale come la posizione del Governo espressa dal Ministro della Difesa nel 2000, un gruppo di 25 senatori ha sollecitato l’attuale Governo ad intervenire.4
Tale sollecitazione attraverso una interpellanza parlamentare ha avuto persino qualche difficoltà ad essere accettata dagli uffici del Senato.
Verrebbe da ridere se i fatti non continuamente ricordassero, soprattutto e per prime, le decine di vittime.
Il sen. Carlo Giovanardi, primo firmatario dell’interrogazione ha dovuto persino rivolgere un intervento all’aula perché venisse finalmente accettata e pubblicata.5
Il contenzioso stava tutto nella possibilità o meno di inserire nella interrogazione il nome del Ministro della Difesa protempore nel 2000.
Nell’interrogazione è stato omesso.
Il fatto è che tale omissione non libera nessuno dall’obbligo che abbiamo più volte citato di perseguire quella verità univoca che lo stesso Capo dello Stato Sergio Mattarella ha sollecitato nel suo primo messaggio nell’occasione della commemorazione della tragica vicenda di Ustica nel 2015.
Ma la vicenda della interrogazione parlamentare offre altri spunti di riflessione.
Ci fornisce l’occasione di chiedere come sia possibile che la Corte dei Conti così sollecita ad istruire indagini, processi e sentenze per poche centinaia di euro spese maldestramente da qualche amministrazione locale sia silente rispetto a questo enorme disastro nel dilapidare risorse dello Stato.
Non si tratta di esprimere opinioni o convincimenti, si tratta di stabilire a chi competa decidere a fronte del fatto che le decisioni si collegano direttamente a spese.
La legittimità di sentenze penali e civili diverse è consentita dalla legislazione.
Ma non può esserci una sentenza che si basa presupponendo l’esistenza di fatti che non sono accaduti.
Non può esserci una sentenza viziata da illogicità manifeste tanto da essere giustificata solo dall’opinione di chi giudica, e si permette di ritenere probabile un fatto, benché sia dimostrato che non è accaduto.
Non può esserci una sentenza che distorce i principi che la legge stessa impone nel raccogliere responsabilmente gli atti attraverso un doveroso principio di indagine e conoscenza che il giudice deve avere.
Il giudizio diverso è causa di danno enorme alle disastrate casse dello Stato e sarebbe soggetto ad un obbligo di essere corretto per serio e dovuto dovere dai responsabili istituzionali.
Da tutti!
Ma niente accade.
Addirittura come è possibile che un Presidente del Consiglio si assuma la responsabilità di non procedere nelle sedi competenti a favore degli interessi dei cittadini?
Questa domanda l’avevamo formulata in riferimento all’impedimento posto, dal Presidente del Consiglio Enrico Letta nel giugno 2013, all’Avvocatura dello Stato di appellarsi affinché non divenisse definitiva una sentenza civile di condanna immotivata.
Questa domanda è stata recentemente riproposta dal sen. Carlo Giovanardi al Presidente Enrico Letta.6
Ma la lettera che il sen. Carlo Giovanardi ha inviato all’on. Enrico Letta contiene una affermazione ancora più perentoria ed interessante.
L’affermazione che il Capo dello Stato all’epoca di quella decisione, Giorgio Napolitano, nessuna parte ha avuto.
E nessuna parte ha avuto anche perché convinto del valore della definitiva sentenza penale che sanzionava e determinava l’insussistenza di una inverosimile e fantasiosa battaglia aerea.
A questo punto attendersi una risposta è il minimo che si possa immaginare.
Ma la domanda iniziale rimane in essere anche per gli attuali responsabili delle Istituzioni della Repubblica.
Il Governo dovrebbe rispondere per dignità e per rispetto verso tutti i cittadini.
Lettere senza risposta.
Questo capitolo è un poco difficile a scriversi.
Difficile perché non vuole in alcun modo mettere in discussione quella fiducia e quell’apprezzamento che voglio prioritariamente riaffermare e che la conoscenza diretta mi porta a sottolineare sulla serietà dell’impegno, sulla certa coerenza e sulla precisione negli atti del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
La mia esperienza come segretario della Commissione terrorismo e stragi nel corso della XII legislatura mi ha visto con lui collaborare con il suo contemporaneo ruolo di Vice Presidente.7
Non posso però nascondere di essere rammaricato per una vicenda che forse non ha potuto raggiungere la sua conoscenza e che mi vede in attesa di una qualsivoglia risposta di riscontro.8
In vero non solo a me.
In data 4 luglio la sig.ra Giuliana Cavazza, Presidente onoraria dell’Associazione verità del disastro su Ustica, che ha anche scritto la prefazione di questo libro, inviava una accorata lettera al Capo dello Stato per chiedere un riscontro alla missiva che aveva inviato il 14 giugno, a nome dell’Associazione, in occasione del 36 anniversario della tragedia di Ustica.9
Vale la pena sottolineare che la signora Giuliana Cavazza ha avuto la mamma fra le vittime del disastro.
Nemmeno la pubblicazione della prima edizione di questo libro ha avuto occasione per ottenere riscontri.10
Purtroppo ancor oggi la signora Giuliana Cavazza non ha avuto nessuna soddisfazione al suo dolore ed alla sua tristezza.11
Risulta non comprensibile, inutile girare intorno alle parole, l’insistenza nel non riscontrare affermazioni che non hanno la pretesa di ottenere, ma semplicemente richiedono attenzione ad un lavoro disinteressato che si sta compiendo.
Vale sottolineare come la posizione di chi ritiene indispensabile addivenire proprio a quella verità univoca che il Capo dello Stato ha sottolineato come necessaria sia una posizione libera da alcun tipo di interesse se non quello della ricerca e della affermazione della verità.
Nessuna carriera è stata costruita né si immagina di costruire, nessun interesse si è consolidato né si immagina possa consolidarsi.
Francamente, con estrema difficoltà si percepisce un silenzio che addolora e dispiace.
Non può essere possibile che ci siano situazioni non conoscibili riguardo a comportamenti di massimi esponenti delle Istituzioni del passato.
Chiaramente non può immaginarsi che il disastro di Ustica sia accaduto per responsabilità delle istituzioni italiane o Alleate perché avrebbero dovuto modificarsi tutti i dati di conoscenza tecnica, tutti i fatti accertati, tutti i documenti rintracciati.
Insomma avrebbero dovuto modificarsi nell’immediatezza dell’evento tutti i tracciati radar con il coinvolgimento di tutta la catena Nato, di decine di paesi, di centinaia di operatori in attività al momento del disastro sparsi per l’Europa e l’America, di migliaia di successivi controllori.
Avrebbe dovuto modificarsi l’intero relitto del Dc9 che era finito a 3000 metri sott’acqua.
D’altro canto anche se vi fosse stato qualche coinvolgimento sarebbe doveroso che a ormai 37 anni di distanza si potesse conoscere.
Ma la traccia più probabile evidentemente non è questa.
Esiste forse un dovere alla tutela di certe informazioni che non riguardano nostre responsabilità, quanto riguardano nostre informazioni e conoscenze su altrui responsabilità.
Informazioni da tutelare per tutelare il difficile presente della sicurezza?
Anche su questo punto i dubbi sono molti perché risulta difficile immaginare il collegamento diretto di responsabilità fra gli uomini del terrorismo di allora e quelli di oggi.
Risulta più facile immaginare il collegamento fra ambienti… e di questo ci occuperemo nel capitolo che segue.
Resta l’angustia di non comprendere però un silenzio ed una cancellazione così manifesta di ogni semplice gesto, almeno di cortesia senza apprezzamenti e senza rimproveri.
La neutralità di un semplice riscontro.
Segreto di Stato.
Con un certo sfoggio di giusto compiacimento il 22 aprile 2014 il Presidente del Consiglio Matteo Renzi annunciava di aver firmato una direttiva che toglieva i vincoli del segreto di stato agli atti riguardanti tutti i fatti tragici di terrorismo che hanno colpito l’Italia dal 1969 di “piazza fontana” al “rapido 904” del 1984.12
Peccato che non tutti gli atti siano stati oggetto di tale direttiva.
Nasce l’ennesima “polemica” alimentata dalla falsità di chi cerca ogni scusa per non ammettere il proprio imbroglio.
I soliti noti per i quali vale solo la loro opinione hanno stabilito che tali documenti non ci sono e pensano di irridere chi ne chiede conoscenza.
Cosi l’11 aprile 2016 irridono il sen. Carlo Giovanardi: “L’ultima di Giovanardi. Chiede al Governo di togliere il segreto di Stato (che non c’è)”.13
Solo per far comprendere un’altra volta come gli abitudinari delle falsità perseverino nel tentare l’inganno, citiamo l’on Giuseppe Fioroni, presidente della commissione d’indagine Moro e che ha l’autorevolezza di una persona senza interessi di parte: “Possono essere classificati dei documenti ancora oggi classificati segreti o segretissimi quando riguardano elementi di difficoltà nella collocazione dei rapporti internazionali con l’Italia o che riguardano persone specifiche”.14
I soliti noti per i quali vale solo la loro opinione non contenti, perchè ovviamente smacherati nelle loro farneticazioni, l’11 maggio 2016 stabiliscono a questo punto che tali documenti ancora secretati non rivelano nulla.15
Se fosse proprio così anche uno sciocco capirebbe che varrebbe la pena renderli noti ed evitare di alimentare l’ennesimo sconcerto e l’ennesimo dubbio.
Se sono inutili è inutile tenerli segreti.
Se sono utili è utile conoscerli.
Affermazioni di semplice evidenza logica.
Purtroppo nella vicenda di Ustica l’evidenza della ragione non ha avuto mai la preminenza.
Fortunatamente in questo caso si sono però verificate occasioni che hanno consentito di squarciare il velo sulla conoscenza di tali documenti non tanto nel loro esplicito contenuto quanto nel loro chiaro riferimento ai fatti.
Così è avvenuto a Brescia dove l’on. Giuseppe Fioroni, presidente della commissione Moro, ha sottolineato cose importanti.16
Un quadro di riferimento che consente di collegare i fili del ragionamento su Ustica e su Bologna con le sue riflessioni sulle indagini compiute riguardo alla vicenda Moro.
Innanzitutto “il contesto politico internazionale nel mondo dei blocchi contrapposti”.17
Chi ha per primo ha inventato la battaglia aerea è stata la rivista sovietica Novi Mir con lo sprezzante dileggio sul nuovo “triangolo delle Bermude” scoperto nel Tirreno.
Evidente l’interesse politico dell’Unione Sovietica e dei suoi confratelli italici nell’inventare e nel cavalcare un’accusa contro i nostri alleati.
Poi esisteva “il grande problema di preoccupazione del rapporto con i palestinesi e di quello che i palestinesi possono fare nel nostro paese che già ha preoccupazione per l’eversione terroristica non tanto nera quanto rossa”.18
Abbiamo raccontato con dovizia di documenti e fatti cosa era accaduto nei mesi precedenti la strage di Ustica e di Bologna.
In primo luogo l’arresto del rappresentante in Italia del Fronte popolare della Palestina insieme a cinque dell’Autonomia perché trovato in possesso di due missili antiaerei, guarda caso di fabbricazione sovietica.
Ma ancora il contenzioso feroce con la Libia riguardo alla protezione di Malta.
Così ecco che può comprendersi la difficolta a far comparire tutta la verità se si tiene conto di un’altra riflessione dell’on. Giuseppe Fioroni: “il nodo del rapporto fra Italia e palestinesi è l’altro macigno che per preoccupazioni internazionali, per preoccupazioni di politica estera, per preoccupazioni di intelligence grava su tutte le vicende complicate che dal 76 in poi riguarderanno l’Italia”.19
In questo ambito si capisce infine cosa c’entrano i documenti ancora secretati attraverso la lettura di una lunga citazione dell’intervento a Brescia a cui più volte abbiamo fatto riferimento: “Studiando la vicenda Moro, parlo di cose di cui posso parlare perché non vincolato da segretissimo però chi ha letto la vicenda di Ustica riesce a capire come questa cosa possa pervadere.
Noi nella relazione che approveremo il 15 dicembre facciamo un intero capitolo sui palestinesi non parlando delle carte segretissime, che come tali non possono essere oggetto di discussione, e scopriamo per esempio che il capocentro del sismi in Libano, che era incaricato di tenere i rapporti con il mondo palestinese, realtà che sarebbe un errore pensare come una unità omogenea ed unica, il mondo palestinese è un realtà fatta ad arcipelago, il capo centro in Libano, che era il colonnello Giovannone, ha un rapporto quotidiano e costante con i palestinesi ed un rapporto quotidiano e costante che presume ci sia una relazione.
C’è attività di collaborazione al fine di preservare il nostro paese da attentati terroristici.
È chiaro che se c’è una attività per prevenire giustamente, a tutela dei cittadini italiani ed il governo l’ha fatta a rigor di logica, ma se ci sono modi per cui i palestinesi prevengono di farci attentati da noi o di non farli e noi avremmo dovuto fare qualche cosa per loro, penso, perché pensare a un solo moto dell’anima diventa complicato.
Indagando su questa cosa si scopre un altro capitolo che riguarda il traffico di armi fra palestin… voi dovete estrapolarla e calarla nel libro suo perché quello che riguarda il libro suo io non ne posso parlarne, la parte palestinese, il traffico di armi fra palestinesi e br”.20
Parrebbe sufficiente per comprendere il quadro di riferimento se ricordiamo per l’ennesima volta dell’arresto in quei mesi del rappresentante del FPLP ed il contenzioso con la Libia protettrice proprio di quel raggruppamento palestinese!
Ora sono passati trentasette anni e le comunicazioni del nostro capocentro a Beirut potrebbero essere tutte rese note.
Così metterebbero il cuore in pace i difensori dell’assurdità del missile conveniente e convincente solo per loro e soprattutto eviteremmo alla cosiddetta libera informazione di accumulare l’ennesima brutta figura.
Conclusione.
Abbiamo visto molto chiaramente come si sia costruita una fantasiosa e falsa costruzione per mantenere l’incertezza e per alimentare inesistenti dubbi con l’unico fine di impedire che un intervento doveroso e serio delle Istituzioni, tutte, impedisca che i cittadini italiani vengano defraudati di centinaia di migliaia di euro ed ancora, la beffa di essere ulteriormente ingannati con nuove iniziative.
La prima disinformazione sulla inventata battaglia aerea è dei sovietici, il secondo inganno in questa direzione è dei libici, anzi direttamente del Colonnello Muammar Gheddafi.
Da quel momento partono le truppe di complemento dell’italica disinformazione.
Tutto falso, come abbiamo dimostrato e come è stato dimostato dai tribunali penali.
Ma tutto è servito per raggiungere comunque lo scopo perchè la più lieve opinione di un giudice civile ha portato a stabilire quello che si voleva.
Alla luce dei nuovi atti e dei nuovi documenti è indispensabile che chi ha il compito di agire assuma il dovere di agire.
Note
1. Senato della Repubblica. 13 novembre 2000. (4-19135) Interrogazione con risposta scritta del sen. Stefano Semenzato.
“Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro della difesa.
Premesso: che nel giugno 1980 nei cieli di Ustica si è verificato un disastroso incidente che ha coinvolto un DC9;che l’avvocato Carlo Davanzali, armatore del DC9 caduto, a seguito del disastro ha subito gravissimi danni patrimoniali e morali;
che difficilmente tali danni potranno essere integralmente quantificati in ragione dei molteplici effetti a catena che hanno trascinato e coinvolto l’armatore e la sua famiglia, l’azienda e i suoi dipendenti, tutte vittime incolpevoli di fatti che risultano oggi non dipendenti dalla loro volontà;
considerato: che la sentenza del giudice istruttore, dottor Priore, depositata il 31 agosto 1999 conclude l’istruttoria relativa al caso Ustica dichiarando, «non doversi procedere per il reato di strage, essendo ignoti gli autori del reato»;
che, indipendentemente dalla individuazione di specifiche soggettive responsabilità penalmente rilevanti, l’autorità giudiziaria da una parte ha escluso nella maniera più assoluta la presenza di una qualsiasi responsabilità della compagnia aerea Itavia nel verificarsi del sinistro e, dall’altra, ha indicato circostanze di fatto inequivocabili che individuano la causa dell’abbattimento del DC9 nella esecuzione di una concomitante battaglia aerea tra contrapposte forze militari;
che, in base a quanto previsto dalla Convenzione tra gli Stati membri del Trattato del Nord-Atlantico firmata a Londra il 19 giugno 1951 e resa esecutiva ai sensi della legge 30 novembre 1955, n. 1335, articolo 8, esiste la possibilità di chiedere indennizzo allo Stato italiano quale Stato di soggiorno, si chiede di sapere se non si ritenga opportuno, in considerazione anche del tempo già trascorso, avviare tutte le procedure per soddisfare le richieste di indennizzo, avanzate dall’avvocato Davanzali, ai sensi della legge n. 1335 del 1955.”
2. Senato della Repubblica. 21 novembre 2000. Fascicolo 181, pag. 12308. Risposta ad interpellanza del Sen. Stefano Semenzato.
“L’articolo VIII, paragrafo 5, della Convenzione di Londra 19 giugno 1951, ratificata in Italia con legge 30 novembre 1955, n. 1335, consente allo Stato italiano di procedere al risarcimento dei danni causati da militari appartenenti alle forze militari alleate di stanza sul territorio nazionale, anticipandone il rimborso direttamente agli interessati e provvedendo, successivamente, al recupero delle spese presso i paesi dei militari coinvolti.
Presupposto indispensabile per poter applicare la menzionata disposizione è che sia accertato il coinvolgimento di appartenenti alle Forze armate alleate nella causazione dell’incidente.
Ciò premesso, occorre evidenziare che nel caso rappresentato dall’onorevole interrogante, non si ravvisano, allo stato, le condizioni previste dalla citata normativa. Infatti, è tuttora pendente il procedimento penale relativo all’accertamento dei fatti e delle responsabilità ed inoltre, al momento, non risulta dimostrato il coinvolgimento di Forze armate alleate nelle cause che potrebbero aver determinato il tragico evento.
Pertanto, in assenza dei necessari presupposti di fatto e di diritto, non appare percorribile l’ipotesi di procedere ad un esame e ad una valutazione delle richieste di indennizzo inoltrate all’amministrazione della Difesa dall’avvocato Davanzali.
Il Ministro della difesa Mattarella”
3. Il Giornale. 28 0tt0bre 2016, Daniele Piccinin.
“A far esplodere la bolla dei risarcimenti potrebbe essere a breve la vicenda Ustica… l’ex deputato Ccd Eugenio Baresi riassume in circa un miliardo di euro i possibili costi dovuti ai risarcimenti comminati dalle sentenze civili in barba al dispositivo emesso nel 2007 dalla suprema corte di cassazione penale che aveva negato l’ipotesi del missile causa dell’abbattimento del Dc9… non è giusto che i cittadini italiani sopportino di pagare errrori dello Stato che però bisognerebbe fossero stati commessi…”
LaVerità. 1 novembre 2016, Ignazio Mangrano.
“…Il fatto grave e incredibile è che la mancanza di logica di queste sentenze porta ad una situazione in base alla quale lo Stato Italiano non può avvalersi della facoltà di chiedere alla Nato, l’Alleanza Atlantica, alcun risarcimento seppur vi siano trattati internazionali che lo consentono.
Insomma: lo Stato dovrebbe utilizzare proprie risorse per pagare risarcimenti in base ad una sentenza civile. Tali soldi potrebbe farseli dare dalla Nato, ma un’altra sentenza penale non lo consente perché per lei non è accaduto quello che invece per la sentenza civile è accaduto.
Non può essere disattesa la garbata richiesta, dell’ex deputato e autore del libro, l’on. Eugenio Baresi, rilanciata con perentoria voce dal sen. Carlo Giovanardi, che i cittadini italiani per l’ennesima volta non siano costretti a subire un enorme danno economico per colpa di incapacità, convenienze e infine per i silenzi complici della politica.
Soprattutto e ancor più perché è emerso come sia stato proprio l’attuale Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, quando era Ministro della Difesa a sottolineare questo fatto…”.
4. Senato della Repubblica. 6 dicembre 2016. (2-00431) Interrogazione Giovanardi ed altri…25.
“Premesso che:
il 13 novembre 2000 il Governo pro tempore rispondeva in Senato ad un’interrogazione scritta (4-19135) del sen. Semenzato circa la possibilità di chiedere agli alleati della Nato il risarcimento dei danni provocati dall’esplosione del Dc9 Itavia nei cieli di Ustica il 27 giugno 1980;
nella risposta il Governo pro tempore ricordava che l’art VIII°, paragrafo 5, della Convenzione di Londra 19 giugno 1951, ratificata in Italia con legge 30 novembre 1955 n. 1335, consente allo Stato Italiano di procedere al risarcimento dei danni causati da militari appartenenti alle forze militari alleate di stanza sul territorio nazionale, anticipandone il rimborso direttamente agli interessati e provvedendo, successivamente, al recupero delle spese presso i Paesi dei militari coinvolti, essendo presupposto indispensabile per poter applicare la menzionata disposizione l’accertamento del coinvolgimento di appartenenti alle forze armate alleate alla causazione dell’incidente;
nel caso di Ustica, continuava il Governo pro tempore, essendo tuttora pendente un procedimento penale relativo all’accertamento dei fatti e delle responsabilità ed inoltre, al momento, non risultava dimostrato il coinvolgimento di forze armate alleate nelle cause che avrebbero potuto determinare il tragico evento, non appariva percorribile l’ipotesi prospettata;
successivamente, con sentenza passata in giudicato, la Suprema Corte di Cassazione penale assolveva i generali dell’Aeronautica italiana da ogni addebito di depistaggio delle indagini, escludendo, nella maniera più categorica, sia l’essersi verificata una battaglia aerea quella sera su Ustica, sia la possibilità che un missile avesse provocato il disastro;
una sentenza civile emessa a Bronte (Catania) dall’avvocato Francesco Batticani, giudice onorario aggiunto, prima delle conclusioni del processo penale, teorizzava che il Dc9 fosse stato abbattuto da un missile e condannava lo Stato a un risarcimento di 100 milioni di euro nei confronti della società Itavia;
successivamente, sulla base del principio del “più probabile che non”, questa sentenza ed altre simili sono arrivate in Cassazione civile, la quale le ha confermate, condannando lo Stato a pagare sino ad ora alla fallita società Itavia, agli eredi Davanzali e ai familiari delle vittime circa 300 milioni di euro, che si aggiungeranno agli altri 62 milioni di indennizzi già liquidati dallo Stato, cioè dalla collettività, per indennizzare gli stessi familiari;
pertanto, allo stato degli atti, gli Italiani dovrebbero sborsare altri 300 milioni di euro, sulla base di sentenze civili, che, secondo i presentatori, contraddicono quella penale, in base alla quale la categorica esclusione di missili e battaglie aeree preclude ogni tentativo credibile di farsi poi rimborsare dagli alleati tali somme;
davanti a questa a giudizio degli interpellanti penosa e contraddittoria prova di confusione del nostro ordinamento giudiziario, i Ministeri della difesa e delle infrastrutture e dei trasporti si erano rivolti formalmente nel 2013 all’Avvocatura generale dello Stato, perché attivasse un procedimento di revoca delle sentenze civili per falso;
a giudizio degli interpellanti, improvvisamente ed inopinatamente, il 27 giugno 2013 il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore avrebbe intimato all’Avvocatura generale dello Stato di non procedere nella direzione richiesta dai 2 Ministeri, sulla base di considerazioni sulle quali non ha mai fornito alcuna spiegazione,
si chiede di sapere:
se il Governo ritenga di dover riprendere l’azione per la revoca delle sentenze civili viziate a parere degli interpellanti da falsi presupposti di fatto;
nel caso invece si arrivasse a far pagare agli Italiani i 300 milioni di euro, quali iniziative intenda intraprendere per farsi rimborsare la cifra dagli alleati francesi e statunitensi, che una insistente e martellante propaganda teatrale, televisiva e cinematografica ha indicato come responsabili dell’abbattimento del Dc9;
se non ritenga di dover interessare del caso anche la Corte dei conti, per valutare chi sia responsabile del fatto che lo Stato debba sborsare 300 milioni di euro, senza che nessuno si sia domandato come sia possibile chiedere poi un rimborso agli alleati per un fatto che la Cassazione penale ha appurato non essere mai avvenuto”.
5. Senato della Repubblica. 23 novembre 2016. Interventi su argomenti non iscritti all’ordine del giorno. Sen Carlo Giovanardi.
“Signor Presidente, circa una settimana fa, insieme a 25 colleghi senatori, ho presentato una interrogazione che riguarda l’annosa vicenda di Ustica. In tale interrogazione ho richiamato, prendendola dal bollettino ufficiale della Camera, una risposta ad una interrogazione che l’allora Ministro della difesa Sergio Mattarella diede sull’argomento e naturalmente ho riportato il testo.
Ora, a quanto pare una interrogazione firmata da 25 colleghi non viene pubblicata perché non si potrebbe fare riferimento al nome del Capo dello Stato, quando era Ministro, cosa che forse succedeva sull’Enciclopedia sovietica quando cancellavano le figure dei personaggi e dei politici caduti in disgrazia. In questo caso non c’è alcun riferimento polemico: si ricorda solo che il ministro pro tempore di allora, Mattarella, rispose in Parlamento sulla questione Ustica in una determinata maniera.
Ora, non vorrei che passasse l’interrogazione senza il nome del Ministro e poi io dovessi collegare l’intervento svolto in Aula ricordando che il Ministro pro tempore che intervenne nel 2000, rispondendo all’interrogazione, era Sergio Mattarella, e fare il collegamento per far capire a coloro che leggono l’interrogazione di chi stiamo parlando.
Ho trovato precedenti, sia alla Camera che al Senato, dove in interrogazioni e interpellanze, essendo presidente della Repubblica Ciampi, veniva segnalato il suo nome quando parlava, per esempio, come Presidente del Consiglio o Ministro del tesoro. Ci sono tutte le interrogazioni fatte dal Gruppo del PCI, che addirittura chiese l’impeachment di Francesco Cossiga quando era Capo dello Stato e quindi si rivolgeva direttamente al Capo dello Stato con parole pesantissime, chiedendone le dimissioni, e vennero accettate. Ma qui non si tratta di nulla di tutto questo. Si tratta di sapere perché, dopo una settimana, questa interrogazione rimane bloccata e non viene pubblicata, anche se firmata da venticinque senatori. Se mettono per iscritto le motivazioni per le quali intendono non pubblicarla e mi dicono che non si può, in un’interrogazione parlamentare, nominare il Capo dello Stato, neanche quando nelle sue precedenti funzioni, svolgeva l’incarico di Ministro, allora trarremo le nostre valutazioni”.
6. Lettera del sen. Carlo Giovanardi al Presidente Enrico Letta. Roma, 14 marzo 2017.
“Caro Presidente,
Le scrivo anche a nome della signora Giuliana Cavazza, figlia di una delle vittime del disastro aereo di Ustica, attualmente presidente onorario dell’ Associazione per la verità sul disastro aereo di Ustica, presieduta dal ex generale Capo di Stato Maggiore della Difesa Lamberto Bartolucci, per chiederLe i motivi della sua decisione di non chiedere la revoca delle sentenze civili da parte dell’Avvocatura dello Stato, che aveva già avuto l’autorizzazione dei ministeri della Difesa e delle Infrastrutture.
Come le sarà noto infatti la Cassazione penale, con sentenza passata in giudicato ha totalmente escluso che il 27 giugno del 1980 sia mai avvenuta una battaglia aerea e bollata come fantascienza l’ipotesi che il Dc 9 sia stato abbattuto da un missile.
La Cassazione civile viceversa confermando l’opinione dell’avvocato Francesco Batticani, Goa di Bronte ha ritenuto “più probabile che non l’ipotesi del missile” senza produrre nessun elemento tecnico che lo possa giustificare.
Le allego copia del Corriere di Bologna del giugno 2013 che riporta un suo twitter e una nota della Presidenza del Consiglio.
Le ricordo anche che il presidente Giorgio Napolitano da me interpellato in Aula al Senato ha escluso categoricamente di essersi mosso in questa direzione anche per una sua antica convinzione che la tragedia sia stata causata dall’esplosione di una bomba a bordo. Le chiedo pertanto di nuovo cortesemente, in prossimità del 37mo anniversario dell’esplosione del Dc9 di conoscere quali sarebbero stati i motivi veri di quella decisione tenendo anche conto del fatto che i famigliari delle vittime sono stati già indennizzati con 63 milioni di euro mentre i risarcimenti delle sentenze civile andranno per quasi 200 milioni di euro all’ITAVIA e agli eredi Davanzali.
La ringrazio per l’attenzione e in attesa di un Suo cortese cenno di riscontro La saluto con viva cordialità”.
7. Corriere della Sera, 1 febbraio 2015. Eugenio Baresi.
Edizione Brescia – Il testimone: Presidente galantuomo.
“Quando Sergio Mattarella divenne vice Presidente del consiglio di D’Alema, rispose ad un mio biglietto ringraziandomi caramente per la “fiducia individuale” che gli avevo espresso.
In effetti lui come vice presidente ed io come segretario della Commissione terrorismo e stragi abbiamo avuto modo di lavorare insieme proficuamente e questo, a me, serve per poter affermare di aver conosciuto una persona assolutamente seria, competente, rigida nella difesa delle sue idee, ma non per questo assoluto nel pretenderne la condivisione.
Sono convinto che finalmente risolverà con saggezza il problema che si trascina ormai da vent’anni del rapporto squilibrato fra poteri dello Stato perché non ha assolutamente nulla da tutelare e, molto più, da temere nel suo passato.
Sono convinto risolverà anche il “problema” Berlusconi perché nulla lo ha mai visto coinvolto in qualche polemica inutile e molto spesso inaccettabile che ha caratterizzato la lotta nei suoi confronti in questi anni. Quando lo ritenne manifestò il suo dissenso con chiarezza, e io non lo condivisi, ma dimettendosi personalmente e non facendo mancare il rispetto per una decisione che la maggioranza aveva preso.
Quindi le idee e le convinzioni trovano valore e considerazione, prima di tutto, nei propri comportamenti.
Credo sia un bel modo di intendere il proprio lavoro a tutti i livelli.
Non è un uomo senza sorriso, è simpatico e ironico nella compostezza che tanti, come noi, hanno, non sentendo la necessità di manifestare con toni urlati i sentimenti e le opinioni.
E’ un uomo che pensa più a lungo di una frase e questo non lo fa uomo del passato, ma semmai dell’utile intelligenza”.
8. Lettera di Eugenio Baresi al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Brescia, 7 luglio 2016.
“Caro Presidente,
nei giorni precedenti il trentaseiesimo anniversario del disastro aereo di Ustica, l’Associazione Verità sul disastro aereo di Ustica di cui faccio parte, Le ha inviato una lettera di apprezzamento per quanto ebbe a sottolineare intervenendo lo scorso anno nel Suo messaggio.
Sono e resto convinto che la Sua azione sarà assolutamente tesa a far emergere quella realtà univoca da Lei auspicata.
Per altro avendo avuto il piacere e l’onore di operare con Lei in Commissione Stragi ho personalmente conosciuto il Suo modo di procedere assolutamente corretto ed inappuntabile.
Questa condivisione di esperienza mi porta ad avere il coraggio, e un poco di impudenza, nel manifestarLe il mio rincrescimento per il Suo mancato riscontro alla missiva citata.
La nostra Presidente Onoraria, sig. Giuliana de’ Faveri Tron Cavazza, ha avuto la mamma fra le vittime del disastro di Ustica e proprio il rigore che ha manifestato nel suo impegno ad esclusivi fini di giustizia mi ha portato a rinnovare il mio.
Un impegno doveroso di verità per le vittime di allora piuttosto che per le convenienze che si sono succedute fino ad oggi.
Mi perdoni delle mie sincere parole che confidano nell’attenzione che vorrà concederci.
Con i migliori auguri, porgo distinti saluti”.
9. Lettera di Giuliana Cavazza al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Roma, 4 luglio 2016.
“Signor Presidente,
il 14 giugno scorso, il Presidente della Associazione ” LA VERITA’ SUL DISASTRO AEREO DI USTICA” , Gen. Lamberto Bartolucci, unitamente alla sottoscritta si rivolsero a Lei auspicando che il 36° anniversario della strage non si trasformasse in uno stanco rituale senza passi avanti verso quella verità univoca, e vorremo anche condivisa, come Lei aveva autorevolmente auspicato nel messaggio dello scorso anno.
Con dolore e tristezza ho dovuto prendere atto che di fronte alla fervida e pubblica risposta al messaggio della sen. Daria Bonfietti, nessun riscontro neppure privato ha avuto la nostra lettera.
Sappiamo bene che in questo paese è difficile perseguire la Verità, quanto per ragione di parte o addirittura di partito, supportati da lauti finanziamenti pubblici, si vuole evitare ogni confronto, addirittura minimizzando lo scandalo di atti secretati relativi ad un evento accaduto 36 anni fa.
Ma nel ricordo di mia madre, che perse la vita in quella terribile esplosione, continuerò questa battaglia assieme chi, in maniera disinteressata e per sete di giustizia, non si vuole arrendere ad un “immaginario collettivo” imposto dai media e persino dalla TV di Stato.
Nella convinzione che non possano esserci familiari delle vittime di serie “a” e di serie “b”, rimango in attesa di una Sua cortese risposta.
Con i più deferenti ossequi”.
10. Lettera di Eugenio Baresi al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Brescia, 3 novembre 2016.
“Caro Presidente,
mi pregio inviarLe copia del mio ultimo libro “Ustica. Storia e Controstoria”.
Sulla vicenda ho già avuto modo di scriverLe auspicando un riscontro ad una lettera della sig.ra Giuliana Cavazza, che nella tragedia ha perso la mamma, presidente della “Associazione per la verità su Ustica”. Purtroppo non abbiamo ricevuto alcuna risposta e Le sottolineo che il nostro intendimento è solo e semplicemente venga affermata una unica verità e non ci appartengono le utilità economiche legate ai risarcimenti.
Mi permetto ulteriormente di sottoporLe l’opportunità che intervenga una risposta delle Istituzioni nel merito delle conseguenze dei due contraddittori giudizi della magistratura penale e civile.
Certo sono imparagonabili gli approfondimenti che hanno portato alle due sentenze, ma resta purtroppo il fatto che tutto ciò porta a sottrarre una disponibilità ingente di risorse allo Stato, con l’unico risultato di danneggiare i cittadini italiani.
Ancora ed inoltre pare esista una documentazione, tuttora classificata come segreta, che potrebbe rivelarsi utile e che molto semplicemente sarebbe logico potesse essere valutata appartenendo ad epoche per le quali la recente normativa ha previsto la divulgazione.
Rispettosamente vorrei dunque segnalare come risulterebbe davvero necessario trovasse concreta attuazione, nei comportamenti di tutte le Istituzioni, l’impegno per una verità condivisa che Lei con grande serietà ha indicato.
Per questo, proprio come cittadino italiano, come ex deputato e segretario della Commissione Bicamerale di Indagine sul Terrorismo e le Stragi durante la XII Legislatura, ho sentito il dovere di raccontare la storia di Ustica con l’obiettivo di riportare il dibattito ai fatti e non alla propaganda che ha prevalso in questi anni.
Distinti ossequi”.
11. LaVerità, 26 gennaio 2016. Alfredo Arduino. Silenzi di Stato. Non tutte le vittime di Ustica sono eguali per Mattarella.
“…intanto una donna, che allora perse la madre, attende che il Presidente della Repubblica dica una parola. Dopo un silenzio durato ben 7 mesi”.
12. Direttiva per la declassifica e per il versamento straordinario di documenti all’Archivio centrale dello Stato. 22 aprile 2014.
“Ai Signori Ministri della Repubblica
Al Signor Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio – Autorità delegata per la Sicurezza della Repubblica
Al Signor Direttore generale del DIS
Al Signor Direttore di AISE
Al Signor Direttore di AISI
Negli ambiti istituzionali e presso l’opinione pubblica è diffusamente posto il tema della consultazione degli atti conservati dalle pubbliche amministrazioni e, in particolare, dagli organismi di intelligence, come contributo per la ricostruzione di eventi che negli scorsi decenni hanno segnato la storia del Paese.
Allo scopo di corrispondere favorevolmente a tali aspettative, reputo necessario intraprendere da subito e in via straordinaria un percorso con l’obiettivo di rendere conoscibili in tempi ragionevoli, tenendo conto anche delle complesse operazioni a tal fine necessarie, gli atti relativi ad alcuni dei più significativi eventi sui quali si registra un ricorrente interesse.
A questo fine, si procederà al versamento della documentazione agli archivi di Stato, anticipando significativamente i tempi di versamento, di norma previsti in almeno 40 anni dalla cessazione della trattazione corrente, che può avvenire anche a distanza di molto tempo dall’evento cui gli atti si riferiscono.
Per il raggiungimento delle finalità indicate, sulla base anche della positiva esperienza compiuta in relazione al carteggio sul sequestro e sull’uccisione dell’Onorevole Moro, che ha consentito negli scorsi anni di rendere disponibile gli atti per la consultazione con largo anticipo rispetto ai tempi prescritti, preso atto che non esiste in materia segreto di Stato, dispongo perciò in via preliminare che si dia luogo alla declassifica della documentazione relativa a gravissime vicende avvenute da un trentennio e, specificamente, degli atti concernenti gli eventi di Piazza Fontana a Milano (1969), di Gioia Tauro (1970), di Peteano (1972), della Questura di Milano (1973), di Piazza della Loggia a Brescia (1974), dell’Italicus (1974), di Ustica (1980), della stazione di Bologna (1980), del Rapido 904 (1984).
Ritengo poi opportuno, al fine di assicurare la conservazione unitaria dei carteggi e la consultazione da parte degli interessati in un’unica sede, che i documenti delle Amministrazioni centrali relativi agli eventi indicati siano versati, anche anticipatamente, all’Archivio centrale dello Stato, secondo le disposizioni che regolano la tenuta dei beni archivistici. Le operazioni suddette dovranno avvenire seguendo un criterio cronologico, a partire cioè dalla documentazione relativa agli eventi più risalenti.
Le SS.LL., le cui Amministrazioni detengono documentazione relativa agli eventi di cui si tratta, vorranno quindi impartire le necessarie direttive nei sensi indicati.
Per quanto riguarda, in particolare, la documentazione presente negli archivi degli organismi di informazione per la sicurezza, al fine di condurre secondo criteri unitari le operazioni preordinate al versamento all’Archivio Centrale dello Stato, presso cui gli atti del Sistema di informazione per la sicurezza divengono consultabili, il Direttore generale del DIS costituirà una apposita commissione interorganismi di elevato profilo.
La commissione provvederà al coordinamento delle operazioni definendo la tempistica dei versamenti e, d’intesa con il Ministero dei Beni delle Attività culturali e del Turismo, i relativi criteri, curando altresì la individuazione delle modalità di protezione di specifiche informazioni che, nell’ambito dei documenti, dovessero richiedere tuttora una tutela nell’interesse della sicurezza di persone, della riservatezza di terzi, ovvero delle relazioni internazionali.
Il Direttore generale del DIS è incaricato di riferire semestralmente dell’andamento delle operazioni al Sottosegretario di Stato-Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica. Confido nella particolare sensibilità e nella preziosa opera delle SS.LL. affinché le Amministrazioni cui sono rispettivamente preposte possano attuare con puntualità le indicazioni contenute nella presente direttiva.
Roma, 22 aprile 2014
Il Presidente: Renzi”
13. L’ultima di Giovanardi sul caso Ustica, chiede al Governo di togliere il segreto di Stato (che non c’e). 11 aprile 2016.
http://www.stragi80.it/giovanardi-chiede-al-governo-di-togliere-il-segreto-di-stato-su-ustica/
14. Radio radicale. 11 novembre 2016.
https://www.radioradicale.it/scheda/492845/presentazione-del-libro-ustica-storia-e-controstoria-di-eugenio-baresi-koine-nuove?i=3637724
15. Linkiesta. Marco Sarti.
Stragi di Ustica e Bologna, nelle carte segrete ci sono le responsabilità della Libia.
Alcuni senatori della commissione Moro raccontano di aver trovato documenti dei Servizi che potrebbero riscrivere la storia di quelle terribili vicende.«Adesso Renzi renda pubbliche quelle carte». Ma il Pd Bolognesi: «Le ho lette anche io, sono solo fantasie»
16. “Studiare Valutare e discutere per conoscere e condividere la verità dei fatti. Ustica Storia e Controstoria”.
Auditorium del Museo di Santa Giulia – Brescia, 11 novembre 2016
Emilio del Bono – Sindaco di Brescia
Giuseppe Fioroni – Presidente Commissione d’inchiesta sulla vicenda Moro
Coordina Claudio Baroni
17. op.cit. nota 14.
18. op.cit. nota 14.
19. op.cit. nota 14.
20. op.cit. nota 14.